Monza, 19 Dicembre 2012
Testimonianza di Francesco Passoni “Ferruccio”
“Nel 1943 ero un giovane operaio della Breda (1° Sezione) di Sesto S. Giovanni. Ero poco più che adolescente: avevo 17 anni. Partecipai agli scioperi del marzo 1943 per migliori condizioni di vita e perché, pur confusamente, avvertivo l’ingiustizia del fascismo.
Già durane quell’avvenimento la Breda, essendo fabbrica militarizzata, era sotto il controllo militare tedesco. Ricordo il 25 luglio 1943 e la caduta di Mussolini, ricordo il pianto di mio padre che era di gioia ed il suo riandare col ricordo al pensiero del fratello ucciso dai fascisti durante le violenze squadriste del 1921.
Durante il governo Badoglio prese ancor più vigore alla Breda l’opposizione operaia ed entrai in contatto con l’organizzazione clandestina del P.C.I.
Dopo l’8 settembre 1943 il governo della cosiddetta Repubblica sociale decretò in ottobre il primo bando di leva del 1° trimestre della classe 1926 al quale avrei dovuto rispondere.
Decido di raggiungere le prime formazioni partigiane in via di costituzione a Premana (Valsassina) sotto la guida di un giovane operaio sestese: Spartaco Cavallini detto Spa.
Nel corso di un rastrellamento che scompagina sul nascere le formazioni della Valsassina resto per parecchi giorni privo di collegamento e ritorno, non senza difficoltà a Monza.
Fattasi nel frattempo pericolosa la mia permanenza a Monza riesco, tramite il CLN di Sesto S. Giovanni ed una staffetta partigiana della quale non conoscerò mai il nome, a raggiungere sul finire del 1943 una formazione partigiana di Giustizia e Libertà che opra sui monti del piacentino sopra Pianello Val Tidone e precisamente alla confluenza delle valli d’Aveto e Trebbia.
Qui ritrovo il monzese Emilio Acerbi al quale mi legava una fraterna amicizia nata sin dall’età della scuola. Comincia così la mia esistenza di partigiano nella quale si intrecciano azioni di guerriglia e di rischiosi colpi di mano come quello compiuto contro il presidio fascista di Pianello Val Tidone che frutta alla mia formazione un cospicuo bottino di armi e munizioni.
L’estate del 1944 vede la mia formazione, che nel frattempo era andata ingrossandosi di nuovi effettivi, in fase offensiva nella speranza da tutti manifestata dell’imminente liberazione.
Vaste zone sono così liberate come la Val Trebbia e la cittadina di Bobbio mentre sui monti a cavallo fra la provincia di Genova e Piacenza si costituisce la repubblica partigiana di Torriglia. La zona in cui mi trovavo veniva ad assumere grande importanza strategica in quanto si controllava la strada statale n. 45 che collega Piacenza a Genova.
E così vennero ancor più intensificate le nostre azioni di guerriglia e sabotaggio. Ricordo l’attacco e la distruzione della polveriera di Cantone nei pressi di Piacenza in cui erano depositate forti quantità di esplosivi per le guerre dei nazi-fascisti. Penetrai con altri nel cuore della notte eludendo il controllo delle sentinelle riuscendo a piazzare le cariche esplosive al posto giusto e rapidamente raggiungere gli altri amici che ci coprivano la ritirata quando, ormai defilati, fummo sbalzati a terra dallo spostamento d’aria del rapido succedersi delle esplosioni che avevano destato tutta Piacenza e le zone vicine.
Ricordo, in quell’estate di speranza, l’attacco alla colonna tedesca sulla via Emilia avvenuto di notte a Rottofreno (Piacenza) dove con altri sostenni un’impari battaglia contro forze preponderanti alle quali infliggemmo serie perdite in uomini e mezzi. Qui piansi la morte dell’amico Emilio Acerbi di Monza che con altri 11 partigiani dette la vita per la libertà. Ci avvicinavamo all’inverno e sfumavano le illusioni della liberazione.
Si addensava su di noi la reazione dei nazi-fascisti che non tarderà a coinvolgere la mia Brigata. Ricordo il primo freddo e le prime nebbie, forti reparti di mongoli, di fascisti e di tedeschi cercarono, muovendosi da tre direttrici di marcia e cioè da Piacenza-Genova e Varzi, di serrarci in un grosso mortale accerchiamento. Ricordo i combattimenti sostenuti contro forze di gran lunga superiori alle nostre ed infine le lunghe marce di sganciamento sino a raggiungere una zona di sicurezza dove coi resti della mia Brigata sono fraternamente accolto, sopra S. Stefano d’Aveto, dai garibaldini della Divisione Pinan-Cichero.
Mentre eravamo in fase di riorganizzazione ricordo il proclama di Alexander che invitava i partigiani a desistere da ogni azione il che procurò seri problemi al Comando partigiano. Ricordo che la maggior parte delle forze partigiane, aiutate anche dalla solidarietà della popolazione, si strinse attorno ai suoi comandanti Istriano e il popolare Bisagno Renato. Superai così il terribile inverno del 1944 fra insidie e disagi d’ogni genere grazie anche all’aiuto fraterno dei montanari e contadini della Valle d’Aveto. Giungeva così la primavera del 1945. Ricevemmo dagli americani un grosso lancio che consentì di accrescere le nostre capacità offensive. Ci preparammo a scendere verso Genova dopo aver eliminato il presidio di Rezzoaglio e del passo della Forcella sopra Chiavari.
La strada verso Genova era così aperta. Accolti al passaggio da manifestazioni di gioia da parte della popolazione arrivammo a Genova in aiuto alle formazioni di città mentre erano ancora in corso duri combattimenti nel centro della città e al porto.
Grande fu la mia gioia a vedere il nemico arrendersi ai partigiani dopo che un operaio di Genova, Remo Scappini, aveva accolto la domanda di resa del comando nazista. Qualche giorno dopo seppi della fine di Mussolini.
Con lui finivano anni di lutti e sofferenza. Rinasceva la Liberà duramente conquistata alla quale avevo dato anch’io il mio contributo e che era il frutto del sacrificio generoso di molti amici – i migliori – che avevano dato la vita sui monti e per le strade d’Italia.
Ora sono ancora al mio posto che è ancora un posto di lotta che mi vede in officina coi lavoratori impegnato in altre battaglie: quelle del lavoro.”