main menù


E. Bracesco

A. Buzzelli

B. Capuzzo

G. Citterio

U. Diegoli

E. Farè

M. Preda

A. Riboldi

M. Robecchi

A. Ronchi

F. Rossi

E. Sala

G.B. Stucchi

B. Villa

ELISA SALA, la partigiana di Monza

Nata a Monza nel 1924, uccisa dai repubblichini a Monza il 17 febbraio 1945.

Col nome di “Anna” era entrata, giovanissima, nella Resistenza. Staffetta della 150ma Brigata GAP “Diomede”, la ragazza manteneva i contatti tra le formazioni dislocate nel territorio della Brianza e quelle della Bergamasca, avventurandosi in bicicletta verso Lecco e le alture sovrastanti. A volte prendeva la strada verso Trezzo sull’Adda, per raggiungere i patrioti con i quali era collegata ad Osio Sotto o andava verso la Val Brembana.

Un giorno, mentre si trovava con i partigiani di un distaccamento di San Giovanni Bianco, “Anna” apprese da un’altra staffetta che i fascisti avevano fucilato a Vimercate alcuni partigiani. Pensò che sua madre non aveva più da tempo sua notizie e decise di rassicurarla tornando a Monza.

Passando da Vimercate tornò a Monza, riabbracciò la famiglia e il giorno 16, convinta di non essere stata notata, decise di recarsi al cimitero per rendere omaggio alla tomba del padre. Sulla strada non fece caso ad un’auto che la seguiva e dalla quale balzarono improvvisamente fuori due individui; scaraventata nella macchina, “Anna” fu condotta alla casa del fascio e sottoposta a un primo pesante interrogatorio.

Trasferita poi alla Villa Reale di Monza, visto che non parlava, fu sottoposta ad atroci torture e, quando era ormai ridotta in fin di vita, fu eliminata con quattro colpi di pistola alla testa. Il mattino del 17 il cadavere martoriato della ragazza fu notato da un passante sulla strada tra Macherio e Sovico, dove i funerali si svolsero alla presenza della madre straziata e di una gran folla proveniente anche dai paesi vicini.

Racconta la madre Norma: ”In una delle rare lettere pervenutemi clandestinamente da mia figlia, Elisa esprimeva l’ardente desiderio di amor patrio e di libertà dall’oppressore, libertà per cui ha dato la vita. Purtroppo il giorno in cui cadde, torturata ed uccisa in quel di Sovico la Guardia Repubblicana perquisiva la mia casa e requisiva un album di famiglia in cui custodivo religiosamente queste missive, che erano l’unico e l’ultimo ricordo della mia sventurata figliola"

Nel dopoguerra la città di Monza aveva intitolato a Elisa Sala una scuola media, (oggi nell’Istituto Comprensivo “Salvo D’Acquisto” di via Paganini). Alla valorosa staffetta Riccardo Vinciguerra ha intitolato un libro. Porta il nome di Elisa Sala anche la Sezione dell’ANPI di Macherio e Sovico, che nel 2010 ha organizzato una sua celebrazione con i ragazzi della scuola di Monza.

Nei racconti di Amos Crotti compare spesso un personaggio femminile, che egli amava ricordare usando il nome di battaglia "Anna".
Pippo ci parla del prezioso aiuto che questa ragazza apportava alla lotta di liberazione, svolgendo importanti compiti nell'ambito della circolazione delle informazioni tra le diverse formazioni partigiane. Diffusione di stampa clandestina, trasporto di medicinali e di beni di conforto, distribuzione delle armi: "Anna" interpretò il ruolo di staffetta senza alcuna paura, anche quando su di lei si intensificarono i sospetti fascisti.
Centinaia e centinaia di chilometri percorsi in sella ad una bicicletta, pedalando lungo le strade tra Monza ed i comuni della Brianza, fredda ed abile nel gestire le situazioni più delicate: ad ogni tragitto sfidava controlli, perquisizioni e posti di blocco, nascondendo abilmente materiale compromettente. ;'Anna", ovvero Elisa Sala, cominciò a partecipare attivamente alla lotta partigiana quando ancora non aveva compiuto vent'anni. Affrontò dapprima l'opposizione dei propri familiari, preoccupati per i rischi ai quali si esponeva, poi le malevole dicerie che si diffusero per il suo stile di vita, che la obbligava a restare serrata in casa di giorno e a passare spesso la notte fuori dalla mura domestiche.
Cominciò a spalleggiare i GAP che operavano a Monza e velocemente il suo ruolo di staffetta divenne fondamentale: si muoveva verso Lecco, fino alla Valsassina o alla Val Brembana, per poi far ritorno a Monza da dove partivano gli ordini. Avanti e indietro dalla Bicocca di Sesto, per tenere in stretto contatto i gruppi locali con il movimento operaio delle grandi industrie. Fu arrestata una prima volta a causa del mancato rispetto del coprifuoco, ma venne rilasciata la mattina seguente senza essersi tradita durante il serrato interrogatorio della polizia fascista. Dopo questo fatto non si intimorì e, sebbene sollecitata a rifugiarsi sulle montagne, decise di restare al fianco dei compagni di sempre. Collaborò con il dottor Casanova, altra figura centrale dell'antifascismo monzese: la sua farmacia, presso il ponte sul Lambro di via Lecco, oltre a fornire medicinali ai combattenti, era anche uno dei più sicuri luoghi di ritrovo per i partigiani.
Vi si svolgevano importanti riunioni, alle quali partecipavano membri di formazioni non solo monzesi: costituiva un centro di diffusione di materiale di propaganda antifascista.
Era spesso Elisa a "far da palo" all'esterno per tutta la durata degli incontri, pronta a segnalare ogni pericolo incombente.
Non la intimorirono nemmeno le morti di persone a lei care, con cui aveva lottato, in particolare di Alberto Paleari, Giuseppe Centemero e dei martiri monzesi fucilati a Fossoli.
I primi nomi richiamano due dei più efferati assassini compiuti dalla brutalità fascista: aderenti ai GAP, il 6 novembre del 1944 i due vennero individuati mentre pranzavano all'Osteria dell'Uva, in piazza Carrobiolo: alcuni fascisti si precipitarono all'interno del locale e catturarono i giovani; dopo averli condotti nelle carceri della Villa Reale li sottoposero alle più feroci torture.
Nonostante questo i due giovani non tradirono i compagni della resistenza né rivelarono informazioni utili ai loro aguzzini che, sconfitti dalla fermezza dei prigionieri, li uccisero.
In segno intimidatorio i corpi, sui quali erano ben evidenti gli orribili segni delle sofferenze patite, vennero trascinati in piazza Trento e Trieste e al loro collo fu appeso il cartello "fine dei GAP".
Fu "Anna" che, incurante delle possibili ritorsioni fasciste, pulì dal sangue i volti sfigurati dei ragazzi, restituendo dignità ai cadaveri.
Crotti ricorda che "Anna" accompagnava i partigiani nei loro spostamenti notturni: dopo le riunioni nella farmacia, ci si muoveva verso le campagne, seguendo il percorso del Lambro, nascosti dalla nebbia invernale nel letto del fiume. Era lei che vigilava sulla strada e segnalava la via libera, finché il gruppo non fosse uscito dal centro urbano.
Impegnata senza sosta nei suoi compiti, braccata dalla polizia fascista, dovette abbandonare per lungo tempo la città a partire dal Natale del 1944.

Proseguì la sua attività in Brianza, tornando a Monza quasi esclusivamente per visitare i propri familiari: la sua abitazione era sotto stretta sorveglianza, irruzioni notturne e minacce ai genitori divennero all'ordine del giorno.
Proprio durante una di quelle rare visite Elisa fu catturata, dopo aver salutato i genitori ed averli confortati con la fiducia che riponeva nella veloce sconfitta del Nazifascismo.
In via Mentana una macchina nera le tagliò la strada e la polizia fascista la arrestò, portandola al comando di piazza Trento e Trieste. Venne sottoposta ad un primo interrogatorio, ma non rivelò nulla.
Trasferita nelle carceri della Villa Reale fu torturata per tutta la notte. Elisa continuò a tacere, nessun nome uscì dalla sua bocca, nessuna parola sull'attività dei tantissimi compagni con cui aveva lottato a Monza, in Brianza ed a Sesto.
Ridotta in fin di vita dall'accanimento sul suo corpo da parte delle guardie agli ordini del capitan Maragni, fu uccisa con quattro colpi alla tempia destra.
Il cadavere fu ritrovato il giorno seguente a Macherio, il 16-2-1945, abbandonato senza riguardo ai bordi di una strada di campagna.
Moriva così la figura femminile più celebre della Resistenza monzese, ma furono molte altre le ragazze impegnate in modo analogo.
Si era formato un "Gruppo di Difesa della Donna e di Assistenza ai Volontari della Libertà", che aveva come base il retrobottega di un negozio tra via Italia e l'attuale via Passerini.

17 febbraio 1945 - I fascisti torturano e ammazzano con 4 pallottole alla tempia destra l'eroica Partigiana Elisa "Anna" Sala

ELISA LA PARTIGIANA DI MONZA
Biografia di Elisa Sala Tratta dal libro di Riccardo Vinciguerra

Elisa aveva un viso leggermente ovale con lineamenti fini e delicati ed una corretta dialettica con la quale era piacevole conversare.

Più volte fermata da pattuglie nazifasciste, con la sua sicurezza, riusciva a evadere le domande rivoltegli e a far sparire le prove dei suoi compagni partigiani alla macchia. L'attività di staffetta di questa ragazza, (in città e nei dintorni di Monza), era conosciuta solo da pochi compagni con cui era in contatto, la clandestinità voleva dire segretezza e sicurezza per lei ed i suoi compagni.

Ogni gappista, ogni sappista, ogni partigiano ed ogni staffetta avevano assunto un nome di battaglia, Elisa Sala era conosciuta con il nome di Anna.

Si occupava di mantenere i contatti con le formazioni partigiane dislocate sul territorio della Brianza e anche del Bergamasco, ci sono testimonianze di coloro che l’hanno conosciuta e vista molte volte partire da Monza per avventurarsi in bicicletta verso Lecco e le alture sovrastanti, a volte prendere la strada verso Trezzo sull'Adda per recarsi a Osio Sotto dove era in contatto con i partigiani della zona e verso la Val Brembana dove portava gli ordini e le notizie dei vari gruppi partigiani e gappisti con cui era in continuo contatto.

La lotta armata partigiana aveva bisogno della collaborazione, del sostegno morale, materiale, della popolazione ma soprattutto aveva bisogno delle staffette. Le staffette partigiane erano mal viste dalle persone di idee contrarie ed apostrofate con parole poco ortodosse per aver vissuto giorno e notte con i partigiani. Molte di queste giovani staffette sono cadute nelle mani dei nazifascisti, vennero torturate, seviziate, fucilate, o mandate a morire nei campi di sterminio nazisti.

Dopo la liberazione sono state pienamente e degnamente riabilitate, hanno potuto finalmente svelare il vero motivo per cui non potevano parlare, non potevano svelare il loro lavoro di staffette per non tradire i loro compagni e la resistenza.

L'arresto di Elisa Sala
Elisa mentre si trovava nel distaccamento partigiano montano di San Giovanni Bianco, dove si nascondeva, apprese la notizia della fucilazione dei compagni di Vimercate da una sua amica staffetta di ritorno da una missione nei dintorni di Trezzo sull’Adda, questo avvenimento tragico la indusse a voler tornare a Monza, per riabbracciare la madre, in ansia per il lungo tempo in silenzio senza avere sue notizie.

Convinta di essere stata dimenticata ormai dai suoi pedinatori fascisti l’11 Febbraio del 1945 decise di tornare a Monza si fermò a Osio Sotto (Bg) per una commissione e di lì partì nel pomeriggio in bicicletta raggiungendo nella sera stessa Vimercate, dove passò la notte in casa di una famiglia del luogo.
All'alba del giorno 13-2-1945 partì da Vimercate raggiungendo la sua abitazione e finalmente potè riabbracciare la mamma e i familiari.

Non uscì di casa per qualche giorno, per convincersi che il suo ritorno non fosse stato notato, e per non farsi scoprire da qualche spia fascista. Ma quella vita di clausura non gli si addiceva, e il 16-2-1945 decise di ripartire verso le montagne fra i suoi partigiani, salutò la madre ed avvolta nel suo cappotto uscì di casa dicendo che si sarebbe recata al cimitero a far visita alla tomba di suo padre morto qualche anno prima. Credendo di non essere stata notata, si diresse verso largo Mazzini, oltrepassò il cavalcavia dirigendosi verso il cimitero, incurante di un'auto che a breve distanza la seguiva, giunta in via Mentana appena attraversato il fiume Lambro la macchina nera la sorpassò tagliandole la strada e fu bloccata.

Due militi scesi di corsa la fermarono prendendola per le braccia e sotto lo sguardo atterrito dei passanti fu brutalmente gettata nella macchina che fece retromarcia, girò su se stessa, avviandosi verso il centro città, erano i militi fascisti dell'ufficio politico della polizia investigativa.

Fu condotta alla casa del fascio che si trovava in piazza Trento Trieste dove subì il primo interrogatorio, ma visto il vano tentativo di farla parlare, i carnefici fascisti decisero di condurla alla Villa Reale di Monza nella camera della tortura, dove nessuno riusciva a sopravvivere alle inumane ed atroci sevizie.

Fu sottoposta alle più atroci torture e ridotta in fin di vita fu uccisa con quattro colpi di pistola alla tempia destra e poi abbandonata sulla strada fra Macherio e Sovico.

Fu trovata all'alba del 17-2-1945 da un giovane di passaggio che avvisò gli abitanti di Sovico, questi trovarono il corpo martoriato con evidenti segni di torture, aveva le dita spezzate e gonfie, presentava quattro fori di pallottole alla tempia destra senza fori di uscita segno che è stata uccisa con un’arma di piccolo calibro 6,55 oppure 7,65.

Gli abitanti di Sovico la portarono in paese e fu riconosciuta dai suoi compagni di lotta i quali avvisarono i suoi familiari che accorsero immediatamente per il riconoscimento della salma.

Lo strazio della madre fu commovente e al suo dolore parteciparono tutti gli abitanti di Sovico, Monza e dintorni.

Per la perdita di questa coraggiosa ragazza, al dolore dei familiari si unì quello di tutto l'apparato della Resistenza della Brianza, della Val Sassina e della Val Brembana, con i quali Elisa collaborò con stima e fedeltà. La pietà per quella giovane ragazza fu unanime i funerali si svolsero in Sovico alla presenza di tutta la popolazione dei paesi vicini.

Quel giorno tutti i compagni Gappisti, Sappisti e partigiani resero omaggio alla salma unendosi al dolore della famiglia

Elisa Sala
(Anna nome di battaglia)



Da borghi scuri a valli, collina e montagna,
giovane Monzese coraggiosa ‘Anna’,
portasti il soffio, di quella primavera,
vita, per quella libertà vera.
Tristi i tuoi giorni ti parean tanti,
ombra della notte d'agguati,
tempo di guerra, morte e distruzione,
attiva, compagna in missione.
Fratelli in nero e grigioverde,
la luce spenger dei compagni in macchia,
colpir, la stella che nella notte splende,
la forza di un sogno, di libertà e di gioia.
Destino ti fù, a breve vita,
vent'anni morir,
abbandono, nefasti in tortura,
l'ombra nera il fratel, la tua gioventù finir.
Ancor le tue carni non sciolte al martirio,
sulle tue strade tracciate dal tuo sudor,
irrompean, i tuoi compagni contro il nemico in delirio,
da contrade, colline e montagne, alla riscossa del tuo dolor.
Anna, oh! dolce Anna,
ricordo di grande fratellanza,
di sacrificio, di tanta sofferenza,
di una battaglia e di tanta speranza.


Vinciguerra Riccardo


L’omicidio di Elisa Sala
tratto dal libro di Pietro Arienti "Monza: dall'Armistizio alla Liberazione. 1943 - 1945 l'occupazione tedesca, la Repubblica sociale. la vita quotidiana. la Resistenza", edito da Bellavite.

Quando una ragazza di vent’anni viene portata di notte in un luogo deserto e le vengono sparati tre colpi di rivoltella alla testa lasciando poi il corpo abbandonato, non si può che parlare di omicidio.
Nessun tribunale aveva istituito un processo a suo carico, tantomeno ne aveva decretato la condanna a morte. A parlare di “assassinio” sono gli stessi fascisti e questo in particolare nel solo ma determinante documento a disposizione su questo fatto, il “Rapporto giudiziario per morte violenta” stilato il 20 febbraio 1945 dal sottotenente Giorgio Lazzarini, capo del plotone Comando della 3°Compagnia fucilieri del 2°Battaglione Territoriale della Gnr. E’ una relazione che per quanto unica, rivela in maniera ufficiale i dettagli del fatto. Il comando del plotone viene informato alle 7 del mattino del 17 febbraio 1945, non è specificato da chi, che sulla strada Macherio-Sovico ai piedi del cavalcavia giace il cadavere di una donna. Lazzarini accorre con due militi e rinviene il corpo …

    … supino sul marciapiede immerso nel sangue. Da un sommario esame del cadavere, risultò subito evidente che la stessa era stata uccisa con tre colpi di pistola automatica calibro 7,65 sparati alla regione temporale destra da breve distanza. Infatti si rinvenivano per terra tre bossoli di pistola del predetto calibro. Il cadavere non presentava tracce di violenza.

I militi chiamano il medico condotto di Sovico, dottor Giuseppe Soncino, per constatare ufficialmente il decesso e fare trasportare la salma alla camera mortuaria del cimitero di Sovico; il sanitario stima che la morte ricorra a sei ore prima, quindi circa all’una di notte. E’ a questo punto che il sottotenente Lazzarini parla di “assassinio”.

    Né dall’interrogatorio dei familiari della morta, identificata subito per la giovane Sala Elisa, né dall’interrogatorio di varie altre persone, sono emersi elementi per addivenire alla scoperta e all’identificazione dell’assassino. Soltanto si è riusciti a stabilire con una certa sicurezza che trattasi di assassinio a scopo politico. E’ risultato infatti che la Sala, un tempo ardente fascista, da qualche mese faceva parte di bande partigiane e che la stessa, tornata a Monza il 13 corrente, non si sa per quale ragione avrebbe dovuto ripartire per Bergamo il giorno della sua morte.

Il rapporto ricostruisce sommariamente le ultime ore di Elisa Sala, svelando che la ragazza era uscita di casa alle 15 del 16 febbraio e da quel momento più nessuno ne conosce la sorte. Il documento si conclude con gli oggetti personali della partigiana caduta. Elisa era vestita con una gonna e un golfino rosso, indossava un cappotto e portava una borsetta nella quale, oltre agli oggetti che una giovane può portarsi appresso, c’era anche un misterioso astuccio con due cartucce e un proiettile. I documenti riportano che è nata il 6 dicembre 1925 a Monza, dove risiedeva in via San Martino 3, professione impiegata.
Chi furono gli esecutori materiali della cruenta esecuzione? La relazione alla quale si è accennato promette di dare notizia alla procura se qualche evidenza fosse emersa, ma probabilmente nessuna indagine fu fatta. Le uniche testimonianze a disposizione per avere qualche indizio e forse qualcosa di più, sono due dichiarazioni scritte rilasciate nel giugno del ’45 alla Commissione di epurazione. In una di queste deposizioni, tale Felice Abba racconta che in una domenica di marzo trovandosi sul Lambro a pescare, ebbe ad ascoltare i discorsi di un gruppo di militi che si era sistemato sulla riva per un pranzo all’aperto; uno di questi che riconoscerà per Augusto Pellegatta, il braccio destro di Giuseppe Maragni all’Upi, stava parlando di Elisa Sala commentando il diniego della ragazza al suo invito ad andarsene e la propria rabbiosa reazione che lo portò a caricarla in macchina e, dopo averla portata in una certa località, “la tolsi fuori e gli tirai quattro colpi di rivoltella”. L’altro documento è proprio il verbale d’interrogatorio di Augusto Pellegatta che su questo fatto riferisce dei due arresti precedenti di Elisa, uno effettuato dagli uomini di Werning dai quali fu poi rilasciata e l’altro fatto dal suo ufficio con la reclusione nel carcere di via Mentana. Del “delitto”, così lo definisce, venne a conoscenza solo alcuni giorni dopo la morte della Sala direttamente da Maragni che, mostrandosi secondo lui reticente alle sue richieste di chiarimenti, gli fece pensare che il suo capo fosse l’esecutore dell’uccisione, mostrando così di scaricare su di lui le colpe di cui invece è addebitato.6 In sostanza, però, testimonianze, indizi, scarica barile, mezze frasi conducono sempre e solo verso questi due componenti dell’Upi monzese, per l’ennesima volta protagonisti del sangue versato da chi aveva deciso di opporsi alla schiavitù nazifascista.