Bruno Casati
Nato a Lissone l’8 novembre 1922, residente in via Trieste. All’entrata in guerra dell’Italia, il 10
giugno 1940, lavora come meccanico presso il campo di volo della Breda.
Dopo l’armistizio e il successivo arrivo dei tedeschi, Casati viene arrestato dopo gli scioperi del
marzo 1944. Viene rinchiuso nel carcere di Sant'Agata, ex monastero e dai primi anni dell'800
destinato a carcere, situato a Bergamo Alta. Fa parte del convoglio che il 17 marzo parte da
Bergamo per Mauthausen. Durante una sosta, Bruno con altri quattro compagni riesce a fuggire
dal treno. Dopo varie peripezie, si unisce ai partigiani che operano nell’alto novarese, in Valsesia e
nel Verbano Cusio Ossola, con il nome di battaglia “Matteotti”» e poi “Thelmann”.
Bruno fa parte della II Divisione d’Assalto “Garibaldi”, 15 a Brigata, Battaglione “Volante Azzurra”
Distaccamento Meneghini (i fratelli Meneghini, Bruno e Gino, erano caduti in Val Strona il 9 maggio
1944). Successivamente la “Volante Azzurra” passò pressochè al completo alla 10a Brigata
“Rocco”, inquadrata nella 2a Divisione Garibaldi “Redi”.
Da anpi-lissone.over-blog.com
Racconta Piera: «A casa Irene (la loro di Lissone) spesso arrivava una ragazza in bicicletta, le cui
generalità, credo per motivi di sicurezza, non erano note a nessuno della nostra famiglia. Lasciava
un “fagottino” con l’ordine di recapitarlo a Bruno. Senza aprirlo e senza conoscerne il contenuto, lo
legavo in vita sotto i vestiti, e, accompagnata dalla zia Maria di Carugate, dove si nascondeva
Erino e dove operavano partigiani delle SAP (Squadre di Azione Patriottica), con mezzi di fortuna,
su carretti, furgoni, percorrendo anche dei tratti a piedi tra i vigneti, raggiungevamo Cavaglio
d’Agogna, paesino sulle colline novaresi. Qui ci recavamo in una cascina di proprietà di Giovanni
Tacca, che era una delle basi di collegamento con i partigiani operanti sulle montagne della zona.
A Giovanni consegnavamo il fagottino e trascorrevamo la notte nella cascina». All’indomani, Piera
e Maria ripartivano alla volta di Lissone con qualche lettera di Bruno.
Nonostante i pericoli, Bruno, dopo la caduta della Repubblica dell’Ossola, decide di venire a
Lissone per rivedere i genitori. Dal racconto della sorella Piera: «Bruno arriva di nascosto a casa
per trascorre qualche giorno in famiglia. Il suo arrivo a Lissone viene però notato: l’irruzione di
alcuni fascisti locali, probabilmente allertati da qualche spia, lo costringono ad allontanarsi
rapidamente. Per la fuga precipitosa, lascia una pistola sotto il materasso. Mia mamma, al corrente
del nascondiglio, onde evitare spiacevoli conseguenze, si precipita verso il letto dove aveva
dormito Bruno, solleva il materasso, prende la pistola e la nasconde nelle mie mutandine». Piera
per la paura scoppia in un riso isterico mentre sale rapidamente le scale per raggiungere il
gabinetto situato al primo piano.
Bruno Casati rientrò poi definitivamente a Lissone nei giorni della Liberazione.
FONTI
• anpi-lissone.over-blog.com
• Istoreto, Banca dati Partigianato piemontese www.istoreto.it.
• Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea nel Novarese e nel Verbano Cusio Ossola “Piero Fornara”. database www.isrn.it.

