Giulio Galli
Incontrai Giulio Galli nel 1995 a casa sua, un’appartamento semplice e ricco di minerali e fossili di
cui era diventato un grande esperto. Gli chiesi di raccontarmi la sua storia partigiana ed ecco la
sua testimonianza. Senza questo colloquio la sua vicenda sarebbe andata persa; di quanti di
questi giovani brianzoli che misero in palio la propria vita per combattere il nazifascismo abbiamo
perso le tracce? Valga la sua narrazione a ricordarli tutti.
Renitente alla leva, viveva nascosto a Seregno con altri giovani. Fu contattato da un emissario
delle formazioni partigiane del Piemonte ma, all’appuntamento per il trasferimento non si presentò
nessuno. Su due piedi, insieme all’amico Renzo Fumagalli, decise allora di lasciare la città per
raggiungere la Valtellina, dove contavano di essere accolti da conoscenti, in quanto la nonna era
valtellinese. Raggiunsero a piedi Polaggia, poco dopo Morbegno, camminando per alcuni giorni.
Una donna, Teresa fiancheggiatrice dei partigiani, li condusse sulla strada per arrivare alla base
partigiana e garantì per loro. Iniziò un faticoso adattamento alla vita alla macchia in un
distaccamento appartenente alla 40° brigata “Matteotti” che agiva fra Morbegno e Sondrio,
assumendo il nome di battaglia di “Seregn”. Giulio ricorda che si procurò l’arma, una machine-
pistole, fermando e catturando un portaordini in moto della Wehrmacht, un austriaco che era stato
arruolato forzatamente e che ne aveva le tasche piene della guerra; rimase con loro fino alla
Liberazione, facendo da mangiare e senza dare fastidio a nessuno. Un grosso problema erano i
rifornimenti alimentari. La popolazione li aiutò molto per quello che poteva, ma soprattutto erano
preziose le informazioni che la gente comune passava a riguardo di mezzi con vettovaglie in arrivo
per i magazzini fascisti. Galli racconta di un camion catturato pieno di marmellata di castagne che
li nutrì per una settimana con le conseguenze corporee del caso. Un altro problema era il freddo di
quei luoghi, con le notti passate a volte anche all’aperto piuttosto che in ripari naturali o in vecchie
baite.
Le azioni a cui Giulio Galli partecipò, in un anno abbondante di resistenza armata, furono diverse.
In linea di massima, disse, tentavamo di procurarci armi e materiale attaccando i militi o le
caserme della Gnr, perchè spesso erano loro a scappare essendo costituite da soldati che, al
contrario dei loro fanatici comandanti, erano stati reclutati con la forza o per convenienza, per
avere un piatto e un soldo. Coi tedeschi si cercava di avere a che fare il meno possibile, troppo
abili e determinati nell’arte della guerra e molto ben armati. Con loro ci si difendeva e si fuggiva. Fu
durante una scaramuccia con i tedeschi che Giulio fu ferito di striscio ad un occhio da un proiettile
di rimbalzo. L’azione più importante contro i tedeschi il gruppo del partigiano seregnese la compì in
prossimità dell’insurrezione attaccando il presidio della Wehrmacht che occupavano la centrale
idroelettrica del Venina che si sapeva volevano minare. Tre partigiani furono feriti in quell’azione.
Particolarmente grave era il problema delle spie e degli infiltrati nei reparti partigiani. Galli ebbe
modo di avere come comandante Carlo Fumagalli, secondo Galli un infiltrato che cercò di
neutralizzare i distaccamenti facendo affluire ogni ben di Dio per togliere la voglia combattiva dei
ragazzi. Fu arrestato dal comando ma nel dopoguerra fu uno degli artefici dei MAR (Movimento
d’Azione Rivoluzionaria) fortemente anticomunista e responsabile di alcuni attentati dinamitardi ai
tralicci in Valtellina. Ebbe una condanna a vent’anni di carcere. Oppure il “Greco”, una spia fascista
che si spacciava per medico o il proprietario di un negozio di Postalesio all’interno del quale si
svolsero riunioni dei comandi ma che in verità non aveva mai abbandonato la fede fascista.
Uno degli episodi militari a cui Galli partecipò, fu l’occupazione di Buglio al Monte, una piccola
località a nord della strada che unisce Morbegno a Sondrio. E’ una delle azioni più conosciute della
storia della Resistenza in Valtellina. La piccola zona libera durò cinque giorni, prima che tedeschi e
fascisti la riprendessero con mortai ed artiglieria. Altre furono le azioni citate da “Seregn”, l’attacco
al Castel Masegra di Sondrio, l’attacco alla caserma della Gnr di Berbenno, a quella della Polizia
ferroviaria di Bellano. Episodi in cui vittoria e sconfitta si alternarono in una intensa stagione di
combattimenti nella valle. Il culmine di questa Resistenza dura e difficile si raggiunse il 25 aprile
1945 con la liberazione di Sondrio. Galli si fermò ancora quasi due mesi in Valtellina, i gruppi
partigiani conservavano il compito di polizia. Da quei momenti, ogni anno, il partigiano Giulio Galli
“Seregn” tornò finchè ne ebbe la forza a festeggiare e ricordare il 25 aprile in Valtellina, nei luoghi
in cui combattè, con i suoi ex-compagni di banda.
FONTI
• Intervista di Arienti Pietro a Giulio Galli, 1995, contenuta in Arienti Pietro, Seregnesi al fronte.Testimonianze della
Seconda guerra mondiale e della lotta di Liberazione. Comitato 25 aprile Seregno, 1997.

