Comitato provinciale Monza e Brianza

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Antonio Salada
Caduto

Antonio era nato a Orzinuovi (Brescia) il 12 Luglio 1925 dai genitori Giovanni e Sala Emilia. Risiedeva però con la famiglia a Bovisio Masciago in via Marconi 19.
Anche in questo caso sulle motivazioni che spinsero il giovanissimo brianzolo ad arruolarsi nelle bande partigiane della montagna piemontese si possono fare solo supposizioni. La più immediata, considerata l’età, è la renitenza alla leva che proprio in quel periodo del febbraio ’44 convinse molti giovani chiamati dai bandi di quell’inverno, a rendersi irreperibili e, per alcuni, ad aderire alla Resistenza. Sembra inoltre che la famiglia avesse già un’attività di sostegno logistico alle prime bande della montagna. In particolare Salada è dato come appartenente alla III banda “Cesare Battisti” operante in Valle Intrasca, nel Verbano, col nome di battaglia di “Paletta”. Il primo nucleo della “Cesare Battisti” si costituì nel novembre 1943 su iniziativa di tre partigiani ex-ufficiali, i sottotenenti Armando Calzavara “Arca” e Enzo Plazzotta “Selva” (del 4° Reggimento Bersaglieri di Torino) e il Sottotenente Giuseppe Perozzi “Marco” (del 40° Battaglione Bersaglieri), giunti nel verbano dal pinerolese. Aumentati gli effettivi poco dopo con l’unione di un piccolo gruppo di resistenti già presente in zona, Calzavara ne divenne l’indiscusso leader. La “Battisti” risultava composta soprattutto da giovani della zona e della vicina Lombardia, inquadrati da ex-militari che davano alla banda una connotazione di banda autonoma e una specifica preparazione alle azioni, garantita dalla presenza di ex-militari. Al suo esordio fu inquadrata nella formazione “Valdossola” agli ordini di Dionigi Superti, anch’essa operativa nel verbanese e in particolare in Val Grande e Val Pogallo. In questa serie di biografie di brianzoli che combatterono fra le fila partigiane al di fuori del proprio territorio d’origine, Salada è il primo caduto che incontriamo di un elenco purtroppo consistente di uccisi in seguito al grande rastrellamento nazifascista che devastò le valli che abbiamo citato nel giugno del 1944. Scorrendo l’elenco qui pubbicato troveremo anche Gino Valgussa di Concorezzo, Antonio Beretta e Amedeo Ferrari di Monza, Olivo Favaron e Giulio Villa di Nova Milanese.
Sembra che l’operazione militare a conduzione soprattutto tedesca, avesse un antefatto; ai primi di maggio un reparto italiano della Rsi, al termine di un’incursione in Val Grande, lasciò scritto su di un muro del paese di Cicogna la seguente frase: “Leoni della montagna, vi aspettiamo a Fondotoce”. Alcuni giorni dopo un gruppo di partigiani della sezione della “Valdossola” comandata da Mario Muneghina, misero in atto un raid a Fondotoce catturando una quarantina di fascisti e una buona quantità di armi e munizioni. Tutto ciò viene confermato dai resoconti dei sopravvissuti al rastrellamento che in alcuni casi parlano di cosa fare dei prigionieri fascisti con la retata in corso. La rappresaglia tedesca prese il nome di “Operazione Kӧln”, e convogliò diverse migliaia di SS, soldati della Wehrmacht e militi fascisti, dotati di mezzi corazzati, artiglieria e aerei da ricognizione contro non più di 400-450 partigiani non certo armati allo stesso livello. Lo scopo principale era annientare tutto il movimento ribellistico dell’entroterra verbanese che aveva ampiamente dato segno di sè in quei mesi. L’11 giugno le forze che conducevano l’assalto bloccarono tutte le via d’uscita della zona soggetta al rastrellamento. Dopo una breve resistenza a Ponte Casletto in cui caddero i primi partigiani, i tedeschi riuscirono a penetrare in Val Grande, le forze della “Valdossola” si ritirarono verso la parte più elevata della Val Grande e della Val Pogallo; da questi ripiegamenti le bande si frazionarono in diversi piccoli gruppi che furono facilmente individuati ed annientati grazie anche alle ricognizioni aeree. Il 27 giugno, con la fucilazione dell'ultimo gruppo di prigionieri a Beura, si concluse il rastrellamento della Val Grande. Antonio Salada cadde il 16 giugno all’Alpe Piaggia, territorio appartenente al comune di Aurano. Con lui c’era solo un’altro partigiano, Augusto Violi; i due corpi furono gettati in un burrone dai tedeschi e solo parecchi mesi dopo un altro partigiano li recuperò con grandi difficoltà e li fece seppellire sotto falso nome nel cimitero di Arizzano, piccolissimo paese non lontano da Verbania. Dopo la fine della guerra le salme dei due giovani caduti, insieme a quelle di altri partigiani uccisi, furono sistemate ed ordinate nel piccolo cimitero. Solo recentemente e a seguito di lunghe ricerche condotte dalla sezione Anpi di Boviso Masciago, il luogo della sepoltura di Antonio Salada è stato individuato e finalmente fatto oggetto di visite e celebrazioni a ricordo.



Un percorso a cura del Comitato provinciale ANPI Monza e Brianza