Gianbattista Stucchi
Stucchi nasce a Monza il 9 ottobre 1899 e la sua vita è contrassegnata dalle due guerre mondiali.
Partecipa alla prima combattendo col grado di sottotenente sul Piave e, al termine del conflitto,
intraprende gli studi di giurisprudenza che lo portano a laurearsi in legge a Pavia nel 1922. Inizia
quindi a Monza l’attività di avvocato civilista proprio negli anni in cui il fascismo progressivamente
passa dall’acquisizione del potere all’instaurazione della dittatura, un’evoluzione che Stucchi
osserva con inquietudine e sconforto che allevia solo con la sua grande passione per la montagna,
dove sulla roccia o con gli sci si estranea da un mondo dove la sua fede liberal-socialista viene
addirittura bandita. Alla vigilia della seconda guerra mondiale l’avvocato monzese viene richiamato
col grado di capitano nelle truppe alpine, corpo al quale nel 1936 da ufficiale in congedo aveva
chiesto il trasferimento per pura formalità, considerata l’affezione per i monti e la loro
frequentazione con amici ufficiali in servizio permanente. Trascorsi i primi anni in diverse
esperienze come istruttore, il 20 luglio 1942 parte con il 5°alpini inquadrato nella divisione
Tridentina per il fronte russo. Nei mesi successivi Stucchi vive tutte le fasi della campagna,
dall’avvicinamento e schieramento sul Don fino alla tragica ritirata del gennaio 1943, consumando i
giorni terribili della sacca in cui erano racchiusi gli alpini fino alla battaglia di Nikolajewka. Salvata
la pelle e tornato in patria, il reduce gode di un periodo di licenza che gli permette di rivedere la
famiglia sfollata nel bergamasco e di riprendere i contatti e sondare una prima volta il terreno
dell’antifascismo monzese e milanese. Incontra infatti Gianni Citterio, Antonio Gambacorti
Passerini, Poldo Gasparotto che lo ragguagliano sulla situazione politica e sociale italiana. Deve
però tornare al reparto acquartierato a Merano e poi a Fortezza; è in quest’ultima città altoatesina
che lo sorprende l’armistizio. In maniera rocambolesca nonché coraggiosa, riesce a sfuggire alla
retata dei tedeschi messa in atto per disarmare ed arrestare le truppe italiane ed inizia una fuga,
prima da solo, poi con altri sbandati che dal 9 al 15 settembre lo porterà a percorrere a piedi i
monti e le valli trentine e lombarde fino a giungere a Santa Caterina Valfurva. E’ al termine di
questa esperienza decisiva che Stucchi fa la sua scelta, suggerita dalla presa di coscienza che è
ormai ineluttabile e necessaria la lotta armata contro tedeschi e fascisti, riallaccia i contatti con gli
antifascisti monzesi e milanesi e d’ora in poi sarà un membro attivo della Resistenza. Il partito
socialista al quale alfine decide di aderire, gli offre l’incarico importante nonché gravoso di
rappresentarlo all’interno del nascente Comando militare del Clnai (Comitato di liberazione
nazionale alta Italia), l’organismo clandestino adibito al coordinamento ed indirizzo delle attività del
bande ribelli. In questa veste Stucchi collabora con alcune figure che diverranno emblematiche
della Resistenza, come il presidente del comitato Ferruccio Parri, l’azionista Poldo Gasparotto, il
democristiano Galileo Vercesi, il liberale Giulio Alonzi mentre per i comunisti ritrova con piacere
Gianni Citterio. Inizia così un’attività di visite e contatti con esponenti dell’antifascismo brianzolo,
del varesotto e soprattutto con le bande dell’Ossola e del novarese che diverranno in seguito
l’unico obiettivo della sua funzione, quando Stucchi dovette abbandonare Monza e vivere in totale
clandestinità a seguito della sua individuazione, dopo lo smantellamento effettuato dalla polizia
fascista della direzione del partito socialista milanese. Il 27 marzo 1944 il partigiano monzese ha
l’opportunità di partecipare ad un altro importante incontro che si svolge in Brianza, rivelando
ancora una volta come questo territorio sia stato determinante nella lotta di Liberazione e come in
esso vi siano svolti episodi cruciali, direi storici della Resistenza. Nella villa di Paolo Brichetto a
Carimate si raduna l’intera compagine del Clnai guidata dal presidente Alfredo Pizzoni; è in questa
riunione che si decide d’inviare in Svizzera, a Berna come richiesto dai servizi speciali alleati, due
rappresentanti, uno per il Clnai e uno per il Comando militare, a permanente disposizione per
discutere tutte le questioni aperte relative alla collaborazione e funzionare quindi da collegamento.
Vengono designati lo stesso Pizzoni e Giovanni Battista Stucchi. I due pochi giorni dopo passano
nella confederazione elvetica strisciando sotto la rete metallica in un tratto di confine del varesotto.
Ha inizio un’attività di alto livello che impegna l’emissario del Clnai nel mantenere i rapporti e
cercare qualche accordo con i due responsabili per l’Italia dei servizi segreti americano e inglese,
Allen Dulles e John Mc Caffery. Conclusa la missione e rientrato in Italia non passa molto tempo
che Stucchi deve ritornare in Svizzera, gli alleati hanno richiesto una presenza stabile di un
rappresentante della Resistenza a Lugano, ancora una volta “Federici”, il nome di battaglia col
quale ormai è conosciuto, è investito del ruolo. Il 23 aprile ripassa nuovamente il confine questa
volta dai monti lariani. La nuova permanenza nel paese neutrale è molto più lunga, Stucchi
riprende i contatti con i servizi segreti alleati e ha modo di stringere rapporti di stretta amicizia e
stima con altri fuoriusciti italiani come Rodolfo Morandi. Il rientro in patria coincide con l’inizio dello
svolgersi di una delle pagine più importanti della Resistenza italiana, la liberazione dell’Ossola e
l’instaurazione della relativa Repubblica partigiana. Federici attraverso contatti con il Comando
militare di Milano, sollecita la nomina di un comandante unico delle formazioni protagoniste di
questa azione e la risposta è che il capo sarà lui. Il compito che lo attende sarà assorbito più
dall’opera di mediazione tra i comandanti delle varie bande, divisi dalle convinzioni politiche e dai
diversi modi di concepire la guerriglia, più che da un vero coordinamento dell’attività militare.
L’esperienza di libertà dura però solo trentatre giorni e quando i tedeschi e i repubblichini
riprendono le valli, molti varcano il confine svizzero per sfuggire all’arresto e alla probabile
fucilazione e fra loro Stucchi. L’irrequieto monzese riprende la funzione di delegato militare del
Clnai ma questo ruolo ormai è troppo passivo per lui e per la terza volta rientra a Milano dove
ricopre la carica di membro del comando del Corpo volontari della libertà (Cvl) in rappresentanza
delle Brigate Matteotti, braccio combattente del partito socialista. In questa veste, dopo aver
partecipato alle giornate insurrezionali, il 6 maggio a Milano nella sfilata che sancisce la
Liberazione, Stucchi sarà in testa al corteo fianco a fianco con tutti i componenti del comando
generale della resistenza: Ferruccio Parri, Luigi Longo, Raffaele Cadorna, Fermo Solari ed Enrico
Mattei.
Dopo la guerra riprese la professione di avvocato e intraprese la carriera politica.
Nel 1953 fu eletto deputato della II Legislatura del Parlamento Italiano nelle file del Partito
Socialista e dal 1946 al 1975 ricoprì l'incarico di consigliere comunale a Monza.
Giovanbattista Stucchi muore a Predazzo, in Trentino, il 31 agosto 1980.
FONTI
• Giovanni Battista Stucchi, Tornim a baita: dalla campagna di Russia alla Repubblica dell'Ossola, Milano, Vangelista, 1983.
Gianbattista Stucchi, Val d'Ossola.
Il comando generale del CVL (Corpo Volontari della Libertà) sfila a Milano - 8 maggio 1945.
Giovan Battista Stucchi (partito socialista), Ferruccio Parri (partito d'azione), Raffaele Cadorna (comandante militare), Luigi Longo (partito comunista), Enrico Mattei (democrazia cristiana).
Consegna del diploma al Comando CVL da parte del generale americano Bedel Smith.
I socialisti Sandro Pertini e Giovanni Battista Stucchi, Luigi Longo (Pci), Ferruccio Parri (Pri). Sulla destra, Enrico Mattei - Torino, 1961.

